Topinambur alla California.
Che ci posso fare, quando mi innamoro di un piatto, dei sapori, dei contrasti,
della storia di un piatto, non so resistere e devo ‘indossarlo’ alleggerendo un
pò qui, allargando un pò là come se fosse un vestito per renderlo adatto alle
scelte alimentari di questo mio momento di vita.
In questi giorni mi sono tornati tra le mani gli appunti di quando nel mio
ristorante di Pietrasanta cucinavo un piatto citato da Pellegrino Artusi tra i
suoi favoriti, il ‘bue alla California’.
E’ un piatto ottocentesco,con origini lombarde.
California è il nome di una località nei dintorni di Monza, proprio adiacente
alla curva di Lesmo, ben nota agli appassionati di automobilismo.
Non si sa se sia storia o leggenda ma si dice che, verso la fine dell’ottocento,
in un allevamento di bovini della zona si verificò una moria.
L’allevatore, per conservare le carni delle bestie uccise, le mise sottaceto .
La cuoca della vicina osteria al momento di cuocerle, per contrastare l’acidità
dell’aceto, le bollì in acqua e latte con aromi vari.
Il piatto ebbe talmente successo da diventare col tempo,un classico della cucina
lombarda.
Non oso pensare cosa direbbero o farebbero in una simile circostanza le ASL
o i NAS dei giorni nostri!
Ma torniamo a noi, mi sono ricordata quanto amavo quell’intingolo ricco, cremoso e acidulo allo stesso tempo, quindi mi sono lanciata nella sperimentazione di un piatto di topinambur cucinato con una salsa di quel genere.
Il risultato non è niente male a mio parere, i topinambur mi sono piaciuti e,
in omaggio alla ricetta che lo ha ispirato, ho chiamato questo piatto:
Topinambur alla California.
Fai imbiondire 3 o 4 scalogni affettati in olio extra vergine di oliva, con un paio di foglie di alloro. Mentre lo scalogno rosola dolcemente, sbuccia 400/500 grammi di topinambur con l’aiuto di un pelapatate efficiente, tagliali a tocchetti e aggiungili allo scalogno ormai dorato, mescola bene per insaporire, aggiungi sale, pepe bianco e noce moscata. Copri il recipiente per cinque minuti, poi scopri e fai rosolare i topinambur fino a doratura.
Spruzza con tre o quattro cucchiai di aceto di mele e fallo evaporare.
Diluisci mescolando 200 ml di panna vegetale con altrettanta acqua calda e
aggiungi questo liquido poco alla volta ai topinambur per portarli a cottura a
fuoco dolce.
Muovi spesso la padella perchè l’intingolo tende ad attaccare.
Aggiungi altra acqua calda se necessario, il sughetto deve risultare abbastanza
liquido e cremoso. Regola il sale.
Stempera mezzo cucchiaino di maizena in mezzo bicchiere di acqua fredda e
versa mescolando sui topinambur per far inspessire la salsa, aggiungi prezzemolo fresco tritato o tagliuzzato con le forbici e spegni subito appena inizia ad addensare.
Queste dosi andranno bene per quattro persone.
Io ho servito questi topinambur alla California con riso bianco e l’ho trovato
davvero un ottimo accompagnamento.
Chissà cosa ne direbbe Pellegrino Artusi, io parafrasando Frankestein Junior ho
detto tra me e me ‘ Si-può-fare !’
La storia/leggenda del piatto è tratta da http://sangiorgioeildrago.blogspot.it/2008/07/manzo-alla-california.html
Short english translation:
What can I do, when I fall in love with a recipe, the flavors, the contrasts,
the history of a recipe, I can not resist and I have to set it, according to
my necessities …Just like a dress, to make it suitable for my actual food choices.
Last week I found in a drawer some notes of many years ago when,in my
restaurant in Pietrasanta,(Lucca), I was cooking a recipe quoted by
Pellegrino Artusi between his favorites, the ‘ox California’.
It’s a recipe dated 1800, with origins in Lombardy.
California is the name of a locality nearby Monza, just adjacent
the curve of Lesmo, well known to motor racing fans.
I do not known whether it is history or legend, but I heard that towards the end
of the nineteenth century, in a herd of cattle in the area there was a moria.
The farmer, in order to preserve the meats of the killed animals, put them pickle.
The cook of the nearby tavern decided to boil the meats in water and milk, with
various herbs, to balance the acidity of the vinegar.
The dish was so successful that it became, over time a classic of the Lombard kitchen.
I wonder what nowadays the NAS or the ASL would do in a similar circumstance!
But back to us, I remembered how much I loved that sauce: rich, creamy
and sour at the same time, so I decided to do an experiment with some
Jerusalem artichoke cooked with a sauce like that.
The result is not bad in my opinion and, in homage to the recipe that inspired me
I called this recipe:
Jerusalem artichokes California.
Gently fry 3 or 4 sliced shallots in extra virgin olive oil, with two bay leaves. While the shallots cook, peel 400/500 grams of Jerusalem artichoke by the help of an efficient peeler, cut them into chunks and add them to the shallots
which already become golden.
Stir well to flavor, add salt, white pepper and nutmeg.
Cover the pan for five minutes, then take off the lid and let them cook until gilding.
Spray with three or four tablespoonfuls of apple cider vinegar, and let it evaporate.
Dilute by mixing 200 ml of vegetable cream with as much hot water and
add this liquid a little at a time to to the Jerusalem artichokes until cooking.
Often shake the pan as the sauce tends to stick.
Add more hot water if necessary, the sauce should be quite liquid and creamy.
Adjust the salt. Dissolve half a teaspoonful of cornstarch in ½ cup of cold water
and pour over the vegetables stirring gently to thicken the sauce.
Add freshly chopped parsley and turn off immediately just starts to thicken.
These doses serve four people.
I served these jerusalem Artichoke with white rice and I found it a great
accompaniment.
I wonder what Pellegrino Artusi would say.
I paraphrased Frankenstein Junior, the movie and I said to myself….
“Can-be-done”!
The story/legend of the recipe comes from
http://sangiorgioeildrago.blogspot.it/2008/07/manzo-alla-california.html